Don Giovanni Battista Bruzzone


27 novembre 1920
Nasce a S. Bartolomeo al Mare (Imperia)
da Antonio e Teresa Ferrari.

3 giugno 1944
Riceve la Sacra Ordinazione Sacerdotale
dal Card.Boetto al Santuario N.S. dell’Acquasanta.

dal 1944 al 1946
Vicario Parrocchiale a S. Antonio Abate - Mele.

dal 1946 al 1958
Vicario Parrocchiale a S. Rocco di Prà.

dal 1958 al 1977
Parroco a S. Ambrogio di Mignanego.

dal 1977 al 1999
Arciprete a S. Pietro di Quinto al Mare



Se si dovesse definire Don Bruzzone dal primo impatto, dal primo incontro viene certamente spontaneo pensare
a qualcosa di ruvido, di duro, di scostante, ma se gli incontri venivano moltiplicati non era possibile non
volergli bene. Anche quando si arrabbiava non dava fastidio, anzi si sapeva che era lui e quasi, quasi gli si voleva
più bene. E’ sua la definizione: “che colpa ne ho io se sono stato tagliato col piccozzo?”.

Era semplice, e amava le cose semplici, di campagna. Semplici e genuine. Semplici erano le sue parole nella
predicazione, semplici e dritti i suoi consigli a livello personale, semplice l’insegnamento della religione a
scuola. Quanti alunni se lo ricordano e ancora venivano a cercarlo. Semplice la sua fede. Soprattutto quando
aveva da recitare il Rosario. Quello non gli pesava mai. Semplice, mai banale.

Era acuto, e sapeva far rideva e rideva anche di gusto. Nella compagnia, soprattutto a tavola o in gita, non stava
certamente da parte e immusonito. Aveva battute per tutti e tutti le gradivano e nessuno si offendeva. Come
non ricordare quanto amava cantare soprattutto alla fine di un pranzo con la gente, anche sconosciuta, la canzone
“Nell’Osteria del Vaticano … dove tutti avevano il fiasco in mano” e in coro rispondevamo
“paraponziponzipo”.

Quando aveva da comprare qualcosa sapeva scegliere la cosa più bella e di gusto. Amava comprare libri anche
recenti, amava comprare tutte le attrezzature elettroniche utili per la catechesi e la Parrocchia anche se poi non
riusciva a imparare ad usarle. Ne intuiva la modernità e l’efficacia.

Quando c’era da fare il Nuovo Altare verso il popolo nella Parrocchia di S. Pietro di Quinto fu Lui che appena
vide il modellino decisamente moderno presentato dall’Arch. Gnudi disse “questo è l’Altare che ci vuole”.
Non ci pensò neppure un attimo. Nessuno osò contraddirlo anche perché eravamo tutti d’accordo.

Quando cominciava a non poter più scendere i gradini che da casa lo portavano alla Chiesa per la celebrazione
ce ne accorgemmo subito: i cestini degli studi erano sempre pieni di cartacce. Lui, abitudinario, faceva le sue
cose con metodicità. Sempre costantemente. I cestini li svuotava 365 volte all’anno. Guai a buttare via un foglietto
per poi ricercarlo il giorno dopo. La sentenza era ormai stata eseguita.

Dopo l’ordinazione sacerdotale fu inviato come Curato nella Parrocchia di Mele a seguito - sembra - di esplicita
richiesta del Parroco. Fu una felice coincidenza poiché il papà ed i nonni di Don Giovanni Battista erano
originati proprio di Mele.

Due anni dopo fu trasferito, sempre come curato, nella Parrocchia di S. Rocco di Prà.

Ebbe modo, in queste prime esperienze, di prodigarsi nell’attività di formazione dei giovani e di acquisire gli
elementi necessari per poter avere poi la responsabilità diretta di una Parrocchia.

Ciò avvenne nel 1958 con destinazione Mignanego dove svolse il suo apostolato per ben 19 anni impegnandosi
come pastore di quella comunità ed insegnando religione prima agli alunni delle Scuole Medie di Arquata
Scrivia, poi a quelli dell’Istituto Professionale per Odontotecnici “Gaslini” di Bolzaneto.

La sua attività era instancabile. Ha reso sempre più accogliente la Casa del Signore (restauro del campanile,
ampliamento della canonica, dell’ufficio archivio) e ha costruito “una Chiesetta succursale” in località Vetreria,
dedicata alla Madonna di Lourdes. Determinante l’interessamento di Don Bruzzone per dotare Mignanego
dell’Asilo Infantile. Ha completato il concerto di campane, ha fatto scolpire la statua processionale della Madonna
della Salute. Mignanego deve aver rappresentato per Don Giovanni Battista un periodo particolarmente
significativo della sua vita di sacerdote; egli, come suol dirsi, a Mignanego probabilmente deve aver lasciato il
cuore, tant’è vero che la mamma, pur essendo deceduta a Quinto, riposa nel Cimitero di quel Comune.
Nel 1977 Don Bruzzone ha iniziato il suo apostolato a Quinto.

Evidentemente era radicata nel suo animo la volontà, già dimostrata a Mignanego, di rendere sempre più accogliente
la Chiesa parrocchiale, punto di aggregazione della comunità cristiana, ed i locali che, pur in funzione
subalterna, completano il complesso a disposizione di tutti.

Ecco allora il rifacimento del tetto della Chiesa, lavoro indispensabile per proteggere i tanti affreschi sottostanti,
di quello della canonica e della casa del clero; il ripristino delle facciate laterali della Chiesa ed il rifacimento,
dopo inenarrabili vicende burocratiche della facciata principale soggetta ai vincoli delle Belle Arti.

Ancora: la nuova statua processionale della Madonna della Guardia, le due vetrate soprastanti il presbiterio, le
porte degli ingressi della Chiesa, le decorazioni interne, i lavori al Cinema/Teatro S. Pietro, la ristrutturazione
del campanile con la posa in opera dell’impianto elettrico per azionare le campane. Un particolare accenno
all’interessamento ed alla fattiva collaborazione per il restauro del Crocifisso processionale della Confraternita
di S. Pietro. Sarebbe riduttivo associare Don Bruzzone alle tante opere materiali dallo stesso eseguite nella
Chiesa e per la Chiesa di Quinto, spesso col sacrificio di ore di sonno al pensiero di dover far fronte continuamente
a notevoli impegni economici.

E infine come capita sempre quando le cose giungono a maturazione, seppe svolgere anche il ruolo di Parroco
emerito. E proprio a lui fu mandato un successore che ha sempre voglia di ridere e scherzare. Una volta Don
Bruzzone gli disse: “Nu rie che ti me fe arraggia” e l’altro sacerdote gli rispose “Nu te arraggia che ti me fè
rie”.

Bene proprio in questo periodo dove ormai era libero da responsabilità era diventato il nonno di tutti. Poteva
tranquillamente dedicarsi anche alla confessione, alla sua Chiesa, godendo della gente e lasciandosi godere.
Ha continuato a lavorare fino all’ultimo quando le forze lo hanno lasciato: non riusciva più a scendere e salire
le scale e soprattutto aveva perso un po’ il senso dell’orientamento. Si doveva prendere una decisione e messo
alle strette se vivere con delle badanti notte e giorno o andare al Convitto ecclesiastico di Genova o dai parenti,
scelse i parenti. E fece bene. Lo hanno tenuto in casa con amore e gli hanno dato una stanza dove dalle finestre
poteva contemplare numerosi filari di vigna. Era già in Paradiso!

Gesù al termine della sua vita disse “non berrò più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo nel
regno di Dio”. Frase che ha certamente dei significati teologici profondi, ma noi siamo gente del popolo e capiamo
così com’è scritto. Coraggio Don alza il calice e brinda con Gesù del vino nuovo di cui ha parlato, non
borbottare perché è più buono del tuo, gioisci della tua salute eterna e prega per la nostra.

                                                                                                                                                Don Corrado


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